E’ quanto affermato dalla Cassazione penale, Sez. II, sentenza 19 ottobre 2022, n. 39529.

La precedente giurisprudenza richiedeva, per l’utilizzabilità della prova, l’acquisizione del supporto in cui risultava memorizzato il messaggio. La Cassazione Penale, invece, con la sentenza in commento ha ritenuto al pari della più recente giurisprudenza che “in tema di mezzi di prova, i messaggi “whatsapp” e gli sms conservati nella memoria di un telefono cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p., sicchè è legittima la loro acquisizione mediante mera riproduzione fotografica, non trovando applicazione nè la disciplina delle intercettazioni, nè quella relativa all’acquisizione di corrispondenza di cui all’art. 254 c.p.p. ”

La pronuncia dovrebbe “spianare” la strada alla perseguibilità di reati, come la diffamazione a mezzo dei social, in passato difficilmente dimostrabili anche a causa della difficoltà di ottenere, da parte dei Social Networks esteri, informazioni relative ai dati dei loro utenti e al contenuto delle pubblicazioni.